Sala dei Corali e dei Parati

La Sala dei Corali e dei Parati, ambiente coperto da un’elegante volta rinascimentale, prende nome da quattro notevoli libri Corali, arricchiti da raffinate miniature, e dalla preziosa serie di paramenti sacri donati alla pieve di Santo Stefano intorno al 1590 dal proposto di Prato, Alessandro de’Medici (poi papa Leone XI).

Santo Stefano in trono

ROSSELLO FRANCHI (Firenze, 1377-1456) MATTEO TORELLI (Firenze, 1365-1442), Santo Stefano in trono, e angeli (1429-30), Corale D c. 48v.

All’interno del ricco fregio variopinto opera di Matteo Torelli, l’allievo e collaboratore di Lorenzo Monaco che eseguì la parte decorativa del corale, è il grande riquadro con Santo Stefano in trono, eseguito, come le altre miniature figurate (tra queste una notevole Natività), da Rossello Franchi, artista che si accostò allo Stile Internazionale, e fu capo di una fiorente bottega a Firenze.La scena mostra richiami a Gherardo Starnina e Lorenzo Monaco nella grafica eleganza e nella raffinatezza cromatica, ma risente anche del plasticismo del Ghiberti nella figura centrale. Sotto il riquadro è riccamente miniato dal Torelli l’Etenim, inizio dell’antifona per la festa di santo Stefano, patrono di Prato, mentre nel fregio sottostante il Franchi dipinse il profeta Zaccaria (che – come Stefano – fu lapidato).

La nascita del Battista

ATTAVANTE ATTAVANTI (Castelfiorentino, 1452 – Firenze, 1520 ca), La nascita del Battista (1501), Corale B, c. 33.

Il graduale, realizzato per la Pieve (poi Cattedrale) nel Quattrocento, fu completato nel 1500-1501 con le piacevoli scene figurate dell’artista, definito dal Vasari “celebre e famoso miniatore”. Attavante fu infatti richiestissimo da sovrani e principi (Mattia Corvino, Federico da Montefeltro, i Medici), per il suo stile caratterizzato da una notevole ricchezza ornamentale e da figure luminose e ricche di naturalezza, che richiamano alla pittura del Ghirlandaio e del Verrocchio (si veda anche la Madonna col Bambino, qui a fianco). La piacevole scena della Natività del Battista ripropone con garbo l’intimità sobria e serena di una dimora rinascimentale.

Attavante 1

Per la pieve di Santo Stefano Attavante decorò in quegli anni anche il Corale A, esposto nella sala insieme al Graduale C, miniato nel 1435 per la badia di San Fabiano a Prato da Meo di Frosino (allievo di Agnolo Gaddi).

Paliotto

MANIFATTURA FIORENTINA seconda metà del Cinquecento, Paliotto di Santo Stefano

Destinato a ornare l’altar maggiore della Cattedrale nella festività del santo patrono, il paliotto è realizzato in prezioso velluto operato rosso su fondo in teletta d’oro, nel quale, entro un motivo vegetale a ogive, si alternano melagrane e rose canine (la prima evoca nella simbologia cristiana la Passione e la resurrezione, ma anche l’unione dei cristiani; la rosa selvatica richiama l’umiltà discreta e la sofferenza, e come tale è anche simbolo mariano). c Il paliotto ha un ricco fregio a ricamo e in applicazione (con parti dipinte), il cui disegno è opera di un valido artista fiorentino (forse Giovanni Balducci, per altri Giovanni Maria Butteri), e raffigura un ricco festone vegetale con fiori e frutta, retto da cherubini, sul quale posano Fede, Speranza, Carità e Giustizia. Fra queste, al centro del fregio, si inserisce la Lapidazione di santo Stefano, mentre nella parte sottostante sono un ovale con Santo Stefano e due stemmi medicei caricati del drago dei Buoncompagni (in ricordo di Gregorio XIII, che nel 1583 aveva creato cardinale Alessandro Medici). Dello stesso parato sono esposti nella sala anche il Piviale e la Pianeta, riccamente ricamati a or nué (sete policrome che lasciano intravedere il fondo d’oro) con figure di Santi e con l’Incoronazione della Vergine.

Ostensorio

BERNARDO HOLZMANN (notizie 1685-1728), Ostensorio (1715 circa)

L’originale ostensorio, di altissima qualità, fu realizzato in argento lavorato a fusione e sbalzo, e rame dorato. Su una base a campana rialzata da tre peducci a voluta posa il raffinato angiolotto inginocchiato, a tutto tondo, che sostiene la raggiera arricchita da nubi e cherubini. L’opera fu commissionata all’Holzmann prima del 1718, dai conti Bardi, per la chiesa di San Quirico di Vernio. L’artista, uno dei più celebri argentieri di Firenze, fu l’ultimo grande esecutore attivo nelle botteghe granducali, e operò per le più importanti chiese e famiglie fiorentine. L’Holzmann collaborò a lungo con Giovan Battista Foggini, al quale si deve probabilmente il disegno dell’elegante angelo che costituisce il fusto dell’ostensorio.

ALTRI AUTORI

Nella sala, sopra il Paliotto è esposta una Madonna col Bambino e i Santi Anna e Giovacchino (da Andrea del Sarto), opera di artista fiorentino del secondo quarto del Cinquecento, mentre alcune vetrine espongono argenti sacri del XVI-XIX secolo. Nelle vetrine si segnalano un altro raffinato Ostensorio di gusto fogginiano, del primo Settecento, una Pace (con Cristo deposto sorretto da angeli) attribuita a Danese Cattaneo (1509-1555), un Turibolo del 1600 accostabile a Egidio Leggi, un ricco Fermaglio da piviale del 1654, opera di Matteo Fattorini, e alcuni Messali con legature in argento (XVII-XIX secolo). Sul fondo della sala à collocato un monumentale Lavabo in pietra serena, scolpito nel 1487 per la sacrestia della cappella della Cintola da Lorenzo di Salvadore (forse su disegno di Giuliano da Sangallo), ai piedi del lavabo sono due Tripodi in ferro battuto (uno rinascimentale, della bottega di Maso di Bartolomeo) e un elegante Faldistorio (sedile vescovile) dei primi del Cinquecento.

Menu